Questo artista ama “giocare”. E mostrare il suo gioco (quasi sempre).
Morbida, tiepida. Cera di fonderia. Profumo-richiamo inconfondibile per l’artista. Attrazione inevitabile. Le dita complici hanno premuto, trasposto, aperto un varco, spinto in fuori, aggiunto, accarezzato. L’idea è venuta dopo, senza perdere però la sensualità della cera. Poi il gesso ha rivestito l’opera modellata-vittima sacrificale, si è irrigidito imprigionandola in biancastro blocco e il fuoco se l’è portata via, colando nei vuoti da lei lasciati rovente metallo a suggellare, inconfutabile prova, la presenza fisica, corporea, della cera e dell’uomo in un precedente, illusorio, “adesso”. Ora ciò che rimane sono questi piccoli, pregiati bronzi: il risultato. Figure intere. Teste. Torsi. Riverberi (talvolta) di classicità. Quando all’atto creativo non importa svelare tutto, selezione, pochi particolari essenziali; il resto, se non omesso, appena accennato: una sorta di “mosso” o “fuori fuoco” parziale, attentamente calibrato contro altri ben nitidi elementi sui quali si sono soffermate la tensione creativa dell’artista e le sue mani. Anche deformazioni (a volte operate aumentando il calore), anche apparenti mutilazioni ma senza spasimi (a volte lasciando l’“incidente” apportato dal fuoco) che tuttavia non tradiscono l’amore per l’anatomia. È evidente una componente “intima”, in questa manipolazione plastica. Questi minuti “percorsi tattili” attendono ancora di essere sentiti fra le mani, attendono l’occhio che li “ascolti”. Come in un sottile gioco di seduzione insieme attraggono e respingono: offrono ancora le loro cavità, ora però solo apparentemente morbide, a nuove dita, ancora al tatto e all’occhio le loro forme sensuali ma non più arrendevoli. Forme da guardare. Anche toccare. Forse, pure possedere. Ma non più fare proprie. Oggi alcuni di quei piccoli bronzi si fanno “reperti” su una cinerea traccia lavica (o ligure ardesia?) frantumata: quel fugace “adesso” del quale portano i segni, corrispondente all’originario atto della creazione, un adesso dopo l’altro già si è trovato alle loro spalle fattosi ieri o indifferentemente passato remoto. “Tempo”. Che tutto trasforma (nell’aspetto e nel significato). Ancora “tempo”, bizzarro “tempo”, negli ulteriori elementi aggiunti: segnali semiseri di recente, se non immediata, contemporaneità, vale a dire della nostra stessa esistenza. Indizi seminati ad arte per un itinerario sì intimo, individuale, ma di proposito in un ambiente avulso e tra altrui sguardi. Questo artista ama “giocare”. E tu?
Silvia Lotti